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Disegno di Legge di modifica del Capo VI del titolo X del Codice delle Assicurazioni Private, A.S. n. 1217

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Il Disegno di Legge in argomento si propone di recare modifiche normative al Capo VI del titolo X del Codice delle Assicurazioni Private, in particolare sull’attività peritale, prevedendo in primis di istituire un “albo” dei periti assicurativi, in luogo dell’attuale “ruolo”, da attribuire in gestione alla CONSAP, ciò anche al fine di limitare un fenomeno di presunta deprofessionalizzazione della categoria dei periti.

Il DDL, segnatamente, mira ad un generale riordino della materia peritale che si basa su tre linee di azione, ossia quelle di:

a) porre l’accertamento del danno in capo all’esperto esclusivamente su incarico della CONSAP;
b) esplicitare un divieto per le compagnie di assicurazione di procedere all’accertamento e alla determinazione del danno;
c) attribuire la quantificazione della tariffa degli esperti in capo alla CONSAP, a fronte di ac­cordo fra compagnie ed associazioni di ca­tegoria.

Più in particolare, lo riforma prevede la costituzione e l’organizzazione dell’albo in due sezioni, affidandone la tenuta e l’aggiornamento alla CONSAP.

Nella prima sezione sono iscritti coloro che svolgono le attività di ac­certamento e stima del valore dei veicoli a motore e dei natanti e dei danni subiti con­ seguenti a responsabilità civile e garanzie dirette veicoli, nonché di ricostruzione della meccanica degli incidenti causati da veicoli e natanti, compresi i rilievi degli elementi allo scopo destinati; alla seconda sono iscritti invece coloro che svolgono le attività di ac­certamento e stima del valore dei veicoli a motore storici e dei relativi danni subiti.

Sono invece esclusi dall’iscrizione all’albo oltre agli agenti, ai media­tori di assicurazione e agli intermediari iscritti al Registro unico degli intermediari (RUI), anche i dipendenti di imprese di as­sicurazione, di società partecipate o control­late dalle medesime imprese e loro società partecipanti o controllanti, e i dipendenti pubblici e privati.

Dopo una breve sintesi sul DDL e sugli obbiettivi che questo mira a conseguire, si evidenziano alcuni aspetti che non sono stati colti nel disegno di legge in commento e che, a nostro avviso, potrebbero essere meritevoli di un maggior approfondimento nel corso dei lavori parlamentari, come di seguito sintetizzati:

1. si potrebbe esplicitare la previsione secondo la quale anche i periti nominati dai Tribunali devono essere iscritti all’albo;

2. circa l’evenienza di vietare l’attività peritale a dipendenti delle imprese di assicurazione, si potrebbe eventualmente valutare un confronto con l’Associazione di categoria per verificare se tale novità sia in linea con i desiderata delle compagnie. In ogni caso, la tutela del danneggiato non sembra inficiata dal fatto che la perizia venga svolta da una impresa assicuratrice piuttosto che da un professionista comunque incaricato e remunerato dalla stessa impresa;

3. la proposta di assegnare a Consap la determinazione dei criteri e delle tariffe per l’affidamento degli incarichi peritali, se non gli affidamenti stessi, appare rilevante e atta a potenziare il ruolo della Concessionaria;

4. la valutazione dei danni arrecati a veicoli storici rappresenta una casistica limitata rispetto a quella che riguarda i veicoli “normali”. D’altronde, nulla vieta che il concorso peritale gestito da Consap possa includere – in aggiunta alle ordinarie prove di esame e su base esclusivamente volontaria del concorrente – quesiti e perizie riguardanti i veicoli storici, consentendo al concorrente che li superi di fregiarsi a tutti gli effetti del relativo titolo di specializzazione;

5. sulla estensione dell’attività peritale alla ricostruzione della dinamica dei sinistri non si ravvisano motivi ostativi.

In conclusione, pur tenuto conto che il DDL presenta ampi spazi di miglioramento, si ritiene che l’iniziativa, atta a consentire un ampliamento importante dei compiti attribuiti a Consap e un ancora maggiore coinvolgimento della società nel comparto assicurativo in bonis, possa considerarsi meritevole di essere seguita con attenzione.

Allegato: DDL 1217

L’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria alla luce della legge delega A.C. 1494 Benamati

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La nuova Proposta di legge delega A.C. 1494 Benamati sul tema dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, si colloca nel più ampio processo di riforma fallimentare a opera della Commissione Rordorf, che è sfociata, da ultima, nella stesura di un nuovo Codice della crisi d’Impresa e dell’Insolvenza la cui totale entrata in vigore è stata differita al 1 settembre 2021, salvo ulteriori proroghe.

L’attuale regolamentazione della procedura di amministrazione straordinaria si articola in una disciplina base contenuta nella legge Prodi bis (decreto legislativo n. 270/1999) e una speciale, contenuta nella legge Marzano (decreto legge n. 347/2003).

Per l’accesso alla procedura, le due leggi prevedono discipline diversificate tra loro che ne circoscrivono l’accesso a determinati requisiti di carattere dimensionali ed economico-finanziario.

La differenza tra le due, è riscontrabile nella cosiddetta fase di osservazione, presente nella disciplina della Prodi-bis, in cui il tribunale accerta con sentenza il ricorrere del requisito della concreta prospettiva di recupero dell’equilibrio economico. Per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della legge Marzano, invece, l’ammissione alla procedura straordinaria è immediata, e solo eventualmente su ricorso del creditore, interviene il parere del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).

Il delineato quadro normativo è stato quindi oggetto di una serie di interventi legislativi disorganici che si sono susseguiti negli anni, il cui risultato è sfociato in una procedura che si è rilevata complessa, inadeguata e inefficace per la tutela di tutti gli interessi coinvolti ed in particolare:

  • la salvaguardia del valore di avviamento;
  • la salvaguardia dei livelli occupazionali;
  • la tutela del ceto creditorio.

Questi tre menzionati valori sono stati posti alla base dell’iniziativa legislativa, avuto riguardo della nuova concezione del diritto fallimentare che, a partire dagli anni Settanta, ha vissuto una rivoluzione “copernicana”, spostando il contesto applicativo da procedure di carattere meramente liquidatorio, in favore di istituti rivolti alla tutela della continuità aziendale.

Tale cambio di prospettiva è il risultato anche del diverso interesse con cui il ceto creditorio ha iniziato a porsi con riguardo al maggior grado di soddisfacimento, garantito non più dalla unica soluzione della liquidazione degli asset d’impresa, ma piuttosto nell’utilizzare tale opzione come extrema ratio, laddove non ricorrano concrete prospettive di risanamento aziendale.

Pertanto, l’obbiettivo primario della riforma è quello di contemperare l’interesse dei creditori con quello della continuità dell’impresa.

A tal fine, si è reso necessario configurare la procedura come rimedio eccezionale, utilizzabile solo qualora vi sia l’accertamento sull’effettiva recuperabilità della grande impresa in crisi.

Pertanto, oltre alle concrete prospettive di continuità aziendale, la PDL, per l’accesso alla procedura, richiede la presenza di un requisito esclusivamente quantitativo, rappresentato da un rilevante profilo dimensionale, da quantificarsi sulla media del volume degli affari degli ultimi tre esercizi dell’impresa, oltre che da un numero di dipendenti pari ad almeno duecentocinquanta unità per la singola impresa e ottocento per le imprese appartenenti al medesimo gruppo.

Dall’analisi dell’iter procedurale di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, emerge una struttura molto simile allo schema bifasico già previsto dalla legge Prodi-bis, tenuto conto delle deroghe previste per le società quotate, le imprese con almeno mille dipendenti e un volume d’affari pari a un multiplo significativo di quello individuato per le altre imprese operanti nei servizi pubblici essenziali (SIEG): in questi casi la PDL attribuisce al MISE il potere di disporre l’ammissione alla procedura, che deve essere confermata in tempi rapidi dal tribunale con la sentenza accertativa dei requisiti suindicati.

Dal momento del deposito della domanda di ammissione all’amministrazione straordinaria, presentata dal debitore, il tribunale ha infatti 10 giorni per accertare la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa.

Al termine di tale fase, dunque, il tribunale ha a disposizione ulteriori 45 giorni di tempo per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, previo ottenimento del parere favorevole da parte del MISE, qualora risultassero comprovate le concrete prospettive di recupero dell’attività economica dell’impresa, salvo non ritenga necessario incaricare un professionista che attesti, nei successivi 30 giorni, la sussistenza degli effettivi presupposti di recupero.

Nello scenario appena sinteticamente rappresentato si arriverebbe a dedicare quindi circa 90 giorni alla sola fase di osservazione, un lasso di tempo forse troppo ampio per una procedura che dovrebbe essere improntata sulla massima celerità, ma che, di contro, consente un rilevante rafforzamento della struttura bifasica mediante una corretta valutazione delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa.

Alla luce di quanto appena esposto, appare dunque apprezzabile lo sforzo compiuto nella PDL di circoscrivere il rimedio della procedura di amministrazione straordinaria solo negli effettivi casi di recuperabilità dell’impresa in crisi. Tuttavia, sarebbe stato auspicabile affiancare al requisito quantitativo di accesso alla procedura, un requisito di tipo qualititativo dell’impresa, che tenga conto, oltre che al livello occupazionale, anche del grado di strategicità dell’impresa, in quei settori nei quali lo Stato possa esercitare speciali poteri di intervento.

La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite si pronuncia in favore di Juliet S.p.A.

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Il dies a quo per la riassunzione del processo interrotto a seguito del fallimento di una delle parti, decorre dalla dichiarazione giudiziale di interruzione pronunciata in udienza, stante l’inidoneità della comunicazione ex art. 92 l.f. dell’avviso al creditore.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella recentissima sentenza n. 12154/2021, pubblicata in data 7 maggio 2021, pronunciata in favore di Juliet S.p.A., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Vincenzo Sanasi d’Arpe.

Allegato: Sentenza n. 12154_2021.