Una concreta testimonianza della sensibilità dell’istituzione del notariato ai temi dell’eliminazione della fame nel mondo in sintonia con il premio Nobel per la pace 2020 ricevuta dalla più grande agenzia umanitaria dell’ONU
Servizio a cura di Maria Gianniti, andato in onda sul TG1 l’11 ottobre 2020
Intervista a cura di Roberto Da Rin, pubblicata sull’edizione dell’11 ottobre 2020 de Il Sole 24 Ore
L’intervento del Presidente Vincenzo Sanasi d’Arpe di ieri sera al Tg1 Rai1 a seguito dell’assegnazione del #NobelPeacePrize 2020 al World Food Programme.
In occasione dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2020 al World Food Programme, l’organizzazione italiana ha organizzato una diretta Facebook. Alle 18,30 saranno ospiti sul profilo Facebook di World Food Programme Italia, il Presidente del Comitato italiano per il WFP Vincenzo Sanasi d’Arpe e Aldo Cazzullo giornalista del Corriere della Sera e noto scrittore, i quali commenteranno, e si confronteranno sull’assegnazione del Premio Nobel per la Pace al World Food Programme.
“Il Premio Nobel al World Food Programme è un monito per tutti: lottare contro la fame significa agire, quotidianamente, per raggiungere obiettivi di pace”. Così Vincenzo Sanasi d’Arpe, Presidente del Comitato italiano per il WFP, commentando l’assegnazione del Nobel per la Pace al World Food Programme.
“A vincere – afferma – è l’impegno collettivo di chi opera negli scenari critici del mondo: si vince in Yemen, nella repubblica Democratica del Congo, in Nigeria, in Sud Sudan, in Burkina Faso. Si vince in ogni luogo, ogni giorno, ma non si vince mai abbastanza. La pandemia del Covid-19 ha ulteriormente accentuato le disuguaglianze in Paesi in cui già esistevano forti criticità dovute alle emergenze umanitarie, spesso colpiti da conflitti violenti e povertà endemica. Combattere la fame e la malnutrizione attraverso la distribuzione di cibo e di beni di prima necessità in queste circostanze non serve soltanto per nutrire chi si trova in difficoltà, ma anche per evitare la degenerazione in guerre legate alla scarsità di risorse primarie”.
“Abbiamo un orizzonte temporale ristretto e limitato che richiede un’urgenza e l’attivazione di una responsabilità collettiva. Come ha affermato il Comitato nella sua motivazione, il miglior vaccino contro il caos è garantire che ci sia cibo. L’emergenza epidemiologica ha messo a dura prova gli operatori del World Food Programme e le strutture logistiche ma ha, al tempo stesso, acceso un faro sulla necessità della cooperazione multilaterale per affrontare le sfide globali: un dovere umanitario che ci coinvolge tutti, nessuno escluso”.
Leggi il documento completo:
https://www.huffingtonpost.it/entry/premio-nobel-per-la-pace-2020-al-world-food-programme-conversazione-con-aldo-cazzullo-e-vincenzo-sanasi-darpe-diretta_it_5f81d19fc5b62f97bac35cc4
Il Comitato Italiano per il World Food Programme dà il via a #DueZero30, uno spazio di confronto settimanale sull’obiettivo “Zero Hunger” (Fame Zero) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. I temi del contrasto alla fame nel mondo visti con gli occhi di chi è in prima linea, e attraverso l’analisi di giornalisti, diplomatici, economisti, politici, sociologi, personalità religiose. L’iniziativa è stata presentata venerdì 5 giugno, sulla pagina Facebook World Food Programme Italia – WFP Italia dal professore e avvocato Vincenzo Sanasi d’Arpe, Presidente del Comitato Italiano per il WFP, e da Alessia Ardesi, giornalista e responsabile per le relazioni esterne del Comitato. Il nome scelto per questa serie di appuntamenti richiama i numeri guida per il WFP: il “Due” e lo “Zero” indicano il secondo obiettivo tra quelli elencati nell’agenda 2030 dell’ONU, che è appunto l’azzeramento definitivo della penuria di cibo nel mondo, con il “Trenta” come orizzonte temporale del terzo decennio per il suo raggiungimento
In presenza di un ciclo economico di crisi è importante che lo Stato torni ad occupare un ruolo propulsivo dello sviluppo industriale anche con l’obbiettivo di colmare il gap esistente tra le diverse aree del Paese e tutelare l’occupazione. Ecco come nell’analisi di Vincenzo Sanasi d’Arpe, professore di diritto dell’Economia.
Per una adeguata visione d’insieme sull’intervento dello Stato nell’economia, è fondamentale tracciare un profilo ricostruttivo del quadro precedente all’attuale anche perché, come diceva un grande studioso della materia “le cose nuove non si capiscono se non si pongono a confronto con le vecchie”.
A seguito della crisi finanziaria del 1929, cristallizzata dal crollo del mercato azionario statunitense e che portò, negli Stati Uniti, alla creazione delle prime authorities di settore onde realizzare un’attività di regolazione e vigilanza, in Italia fu costituito, nel 1933, l’Istituto per la ricostruzione industriale, dapprima come ente provvisorio, poi, nel 1937, come ente definitivo.
L’Iri venne istituito per il “salvataggio” delle imprese, sia industriali che creditizie, in crisi, onde evitare che si realizzasse una situazione simile a quella americana: chiusura delle aziende, perdita dei posti di lavoro e le stesse banche (doppiamente esposte in quanto al tempo stesso azioniste e finanziatrici delle aziende in crisi) non più in grado di restituire quanto dovuto ai risparmiatori.
Iniziano, in parte, ad affermarsi, in quel contesto, le teorie di J. M. Keynes, padre della macroeconomia, fautore dell’intervento dello Stato nel mercato, in particolare nelle fasi di crisi del ciclo economico, sull’assunto che il mercato, di per sé, non creasse un circuito virtuoso e “perfetto”. Sostenitore, pertanto, di un sistema ad economia “mista”, per un modello capitalista che avesse nello Stato un agente per la tutela dell’interesse collettivo, in contrapposizione rispetto alla teoria economica neoclassica.
Dopo l’Iri, nel 1953, venne istituito l’Eni (Ente nazionale idrocarburi,) configurato, al pari dell’Iri, come ente pubblico economico con partecipazioni in società per azioni, per la gestione, in regime di esclusiva, della ricerca e della coltivazione dei giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi scoperti, agli inizi degli anni ’50, nella Valle Padana.
Con legge del 22 dicembre del 1956, venne istituito il ministero delle Partecipazioni Statali dal quale dipendevano gli enti pubblici economici di gestione delle partecipazioni azionarie dello Stato. Con l’istituzione di questo ministero si sancì il principio che lo Stato non potesse essere azionista diretto: le azioni in proprietà diretta dello Stato vennero infatti attribuite agli enti di gestione, a loro volta sottoposti al controllo dello Stato. Il numero degli enti di gestione venne progressivamente ampliato, con la istituzione dell’Efim (ente per il finanziamento dell’industria manifatturiera) dell’Eagc (ente autonomo gestione cinema, dell’Eagat (ente autonomo gestione aziende termali) dell’Egam (ente per la gestione delle aziende minerarie).
È opportuno, a questo punto, un breve cenno sul c.d. Stato finanziatore. Il finanziamento statale rappresenta, infatti, un elemento peculiare della storia economica degli anni ’60. Negli anni ’60 e fino agli anni ’70, infatti, si sono sviluppate diverse forme di ausili finanziari pubblici ai privati, dal contributo a fondo perduto al c.d. premio, erogato, a differenza del precedente, non ex ante ma ex post, quando sia stato raggiunto l’obbiettivo o realizzato il servizio, fino al più complesso credito agevolato. A partire dal 1990, si afferma un nuovo indirizzo, sotto la fortissima pressione della finanza pubblica, della legislazione Europea, per ricondurre a dimensioni più limitate le imprese pubbliche, anche a ragione di episodi patologici e disfunzioni, talvolta gravi, di alcune tra queste, e last but not least, dell’interesse dei grandi centri di potere finanziario internazionali e nazionali. Si arriva, quindi, alle privatizzazioni. Credo abbiano relativamente inciso sul deficit di finanza pubblica. Su questi risultati è interessante leggere la relazione della Corte dei Conti del 2010.
In ogni caso ed in disparte dall’opportunità o meno, di procedere alla privatizzazione sostanziale di determinate aziende, su tutte Stet-Telecom, allora gigante delle telecomunicazioni sul piano internazionale, gioiello dell’Iri ed azienda strategica per le prospettive di sviluppo legate all’evoluzione tecnologica nel mondo delle telecomunicazioni, ciò che è stato aspramente dibattuto, discusso e discutibile è il modello di dismissione (liquidazione) del patrimonio industriale pubblico. Superate le cessioni di rami dell’Eni, il 70% circa del capitale azionario, ventiduesima azienda nel mondo per fatturato, di Stet-Telecom e di Autostrade, è espressiva, a questo proposito, una cessione meno nota ma non meno significativa, ovverosia la privatizzazione sostanziale di Seat-Pagine Gialle. In estrema sintesi: scissa da Stet per essere conferita al ministero del Tesoro prima della privatizzazione di Telecom Italia, e dal Tesoro messa in vendita tramite procedura competitiva, nel 1997, con la consulenza dell’allora Lehman Brothers, la privatizzazione di Seat ebbe luogo nell’anno successivo con la tecnica del leveraged buy-out.
Modalità di compravendita, vietata, all’epoca, dall’art. 2358 del codice civile che proibiva di accordare prestiti o concedere finanziamenti per l’acquisto di azioni proprie. Seat-Pagine Gialle fu acquisita tramite la società-veicolo Ottobi posseduta da Otto S.p.A., i cui otto azionisti, a parte Banca Commerciale Italiana e De Agostini S.p.A., erano rappresentati da fondi chiusi e società di diritto estero domiciliate in diversi Stati i cui ordinamenti prevedevano una bassissima tassazione. L’acquisizione di Seat si realizzò sull’equivalente di 856 milioni di euro (per la gran parte, appunto, a debito) per essere successivamente ceduta a Telecom Italia per l’equivalente di 7, 4 miliardi di euro.
In disparte da taluni particolari casi che pure inevitabilmente hanno caratterizzato l’epoca delle privatizzazioni a favore di un diverso assetto del rapporto tra Stato ed economia, non è, oggi, pensabile, per diversi ordini di motivi, il ritorno ad un sistema, quello cd delle partecipazioni statali che, elogiato all’epoca dalla comunità internazionale per la sua configurazione tecnico – giuridica, ha significato lo sviluppo ed il rilancio economico- industriale ed occupazionale del Paese.
Credo, però che, specialmente in presenza di un ciclo economico di crisi sia importante che lo Stato torni ad occupare un ruolo propulsivo dello sviluppo industriale anche con l’obbiettivo (che costituiva la ratio dell’intervento diretto nell’economia, c.d. Stato imprenditore) di colmare il gap esistente tra le diverse aree del Paese e tutelare l’occupazione. Questo passa, inevitabilmente, dal dotarsi di una politica industriale e dal presidio e rafforzamento dei settori strategici dell’economia. Gli istituti giuridici e le conseguenti configurazioni sono svariati ma ritengo auspicabile, in ogni caso, per il superamento della crisi ed il successivo rilancio, una partnership tra pubblico e privato. Dipenderà poi, in definitiva, dagli uomini chiamati a gestire i processi.
Ci accingiamo a vivere un’epoca nella quale competenza, capacità e formazione saranno fondamentali ma questo, seppur strettamente correlato, è un altro tema…
Articolo pubblicato su formiche.net
“Covid-19: il rischio di una carestia. Intervista a Vincenzo Federico Sanasi D’Arpe (World Food Programme – ONU)” realizzata da Lanfranco Palazzolo con Vincenzo Federico Sanasi D’Arpe (presidente del Comitato Italiano per il World Food Programme delle Nazioni Unite (WFP)).
L’intervista è stata registrata venerdì 24 aprile 2020 alle ore 09:00.
Nel corso dell’intervista sono stati discussi i seguenti temi: Africa, Agricoltura, Alimentazione, Ambiente, Anziani, Asvis, Banche, Brindisi, Caritas, Ceto Medio, Clima, Comunicazione, Conte, Cooperative, Crisi, Decreti, Difesa, Disoccupazione, Economia, Emergenza, Energia, Epidemie, Esercizi Commerciali, Europa, Fame Nel Mondo, Famiglia, Finanza, Finanziamenti, Governo, Guerra, Haiti, Immigrazione, Impresa, Investimenti, Istituzioni, Italia, Lavoro, Nepal, Occupazione, Onu, Pannella, Pil, Politica, Poverta’, Prevenzione, Produzione, Recessione, Reddito, Renzi, Salute, Sanita’, Sicurezza, Societa’, Somalia, Sudan Del Sud, Sviluppo, Tecnologia, Unione Europea, Welfare, Wfp.
Il Presidente del Comitato Italiano per il World Food Programme Prof. Vincenzo Sanasi D’Arpe, è intervenuto durante la trasmissione di Rai 1 e Rai Vaticano “Viaggio nella Chiesa di Francesco”.
Il Presidente del Comitato Italiano per il World Food Programme Prof. Vincenzo Sanasi D’Arpe, è intervenuto durante la trasmissione di Rai 1 e Rai Vaticano “Viaggio nella Chiesa di Francesco”, realizzata in vista del Sinodo per l’Amazzonia tenutosi nel mese di ottobre.
Il Presidente ha affrontato il problema della stretta correlazione tra la salvaguardia dell’ambiente e la fame nel mondo, con lo sguardo rivolto agli sforzi che il World Food Programme compie in più di 80 paesi nel mondo.
Guarda qui l’intervista andata in onda sui canali Rai:
http://www.teche.rai.it/techecustomer/viaggio-nella-chiesa-francesco/fmt/iframe0
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