“Per prima cosa occorre ricordare che si tratta di quasi 2 milioni di pagine contenute in 2.499 fascicoli e circa 7.800 sotto fascicoli, tutti afferenti a singole procedure di risarcimento presentate al Fondo in un periodo di quindici anni (2000-2015). Attualmente quest’enorme quantità di documenti è ospitata negli uffici di via Cavour del Viminale. La prima fase ha previsto un rigoroso lavoro di riclassificazione e ricollocazione, utile soprattutto a ricollegare ogni richiesta al rispettivo sinistro e creare in questo modo un nuovo e preciso database. Un risultato raggiunto grazie ad una scrupolosa analisi dell’intero patrimonio documentale. Ad oggi è ancora in corso la fase di dematerializzazione vera e propria, di indicizzazione massiva dei fascicoli (siamo al 30% del totale), che già dalla fine di gennaio saranno fruibili online e messi a disposizione dei sistemi informativi del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero del Tesoro“. Così, con Adnkronos/Labitalia, Vincenzo Sanasi d’Arpe, sul progetto di dematerializzazione e digitalizzazione dei documenti dell’archivio documentale del Fondo di solidarietà per le vittime della mafia.
Il progetto è promosso dal prefetto Marcello Cadorna, commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà del ministero dell’Interno, e la realizzazione è stata affidata a Consap – incaricata per legge della gestione del Fondo – in collaborazione di Tim e Csa Documents, individuati come partner tecnologici nell’ambito delle convenzioni Consip disponibili.
“Il progetto – sottolinea ancora – porterà notevoli vantaggi non solo nell’ottica di una valorizzazione del patrimonio informativo, che in questo modo verrà reso immediatamente fruibile in digitale, permettendo l’accesso in remoto eventualmente anche in condizioni di lavoro a distanza, ma darà un grosso contributo all’ottimizzazione dei processi amministrativi di tutte le strutture coinvolte, con benefici quantificabili in una drastica riduzione dei tempi di lavorazione per le attività di ricerca e analisi dei dati e delle istanze, anche per facilitare eventuali indagini; efficientamento delle risorse impiegate in attività d’archivio; ottimizzazione degli spazi fisici; conservazione per periodi più lunghi senza rischio di deterioramento; sicurezza nello scambio di documenti tra diversi soggetti; identificazione degli accessi, immodificabilità e leggibilità dei documenti garantita dal Cloud; e conservazione sostitutiva a norma”, continua.
“Inoltre, questo progetto rappresenta un ulteriore passo sul percorso già intrapreso dal Fondo verso la completa digitalizzazione ed una concreta interoperabilità e condivisione delle informazioni in ottica cloud. Ma soprattutto fornirà ulteriori strumenti necessari a colmare il gap digitale in linea con il Patto globale strategico, impegnandoci a condividere, sostenere e applicare i principi fondamentali individuati dall’Onu con i 17 obiettivi sostenibili“, conclude.
La recente manifestazione d’interesse del fondo KKR sul 100% delle azioni Tim riporta d’attualità il ruolo dello Stato nell’economia e rilancia la questione mai risolta della separazione della rete. L’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) di KKR giunge al termine di una lunga stagione di investimenti del fondo statunitense nel settore delle infrastrutture digitali in Europa e, nell’aprile di quest’anno, anche in Italia con l’ingresso nel capitale di FiberCop.
Il settore d’intervento è d’interesse nazionale. E rappresenta una sfida economica per il fondo di private equity che per Tim è disposto a investire oltre 10 miliardi di euro. Da alcune settimane sono in corso operazioni di posizionamento in merito al futuro del campione nazionale delle telecomunicazioni. Tim, partecipata dallo Stato tramite CDP, detiene gran parte della rete su cui viaggiano quotidianamente comunicazioni personali e dati commerciali. La stessa infrastruttura svolge una funzione strategica nel settore della difesa e sicurezza. Sottoposta a un complesso sistema di gestione e controllo affidato a Telecom Sparkle, che gestisce i 600mila chilometri di cavi in fibra ottica (perlopiù sottomarini), e a Telsy, che vigila sulla loro cifratura e sicurezza, la rete Tim è dunque un bene strategico irrinunciabile che connette il Paese.
L’avance di KKR rende attuale e urgente il progetto della rete unica
Si tratta di un’operazione pendente da tempo e che, allo stato, ipotizza la fusione tra Open Fiber (controllata al 60% da CDP) e FiberCop (oggi partecipata al 58% da TIM, al 37,5% da KKR e al 4,5% da Fastweb) al fine di diffondere su tutto il territorio nazionale la rete veloce. Su questo dossier complesso e delicato il Governo è chiamato a esprimersi e a valutare se esercitare e, nel caso, con quale estensione il cosiddetti golden power. È infatti per salvaguardare gli assetti delle imprese operanti in ambiti ritenuti strategici e di interesse nazionale che recenti interventi legislativi hanno riservato al Governo l’esercizio di nuovi e speciali poteri decisionali e di veto estendendoli ai settori dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Il golden power, istituito con D.L. 15 marzo 2012, n. 21 e recentemente modificato e ampliato dal D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità), da ultimo è stato esteso nei termini suindicati dal D.P.C.M. 23 dicembre 2020, n. 180.
Perché occorre l’intervento dello Stato
Ritengo assolutamente auspicabile un intervento di sistema dello Stato nell’economia con il ruolo di scudo per le compagnie strategiche italiane, i c.d. “campioni nazionali”, di rilancio del sistema industriale e a tutela dei livelli occupazionali. È fondamentale chiarire al mercato che lo Stato è vigile sugli asset strategici del Paese, che devono essere salvaguardati da incursioni di investitori stranieri se con obiettivi distanti dal bene nazionale. La rilevanza della rete e della proprietà, è un tema strategico che non può essere lasciato alla sola iniziativa del libero mercato. L’evoluzione dell’infrastruttura di rete è un passaggio fondamentale del processo di digitalizzazione delle PMI e il ruolo dello Stato deve essere quello di garante della creazione di valore anche per le imprese private. Si auspica quindi che l’intervento del Governo proceda nel senso di rafforzare una politica industriale d’interesse nazionale, capace di beneficiare del supporto d’investitori esteri senza rinunciare all’italianità delle eccellenze imprenditoriali strategiche, anche avvalendosi del modello di partnership tra pubblico e privato. Ritengo, inoltre, fondamentale il conseguimento del progetto di creazione della rete unica, passaggio imprescindibile per garantire il controllo nazionale dell’infrastruttura e delle sue funzioni.
Vincenzo Sanasi d’Arpe
Vincenzo Sanasi d’Arpe, avvocato e professore straordinario di Diritto dell’Economia, è tra i massimi esperti italiani in tema di amministrazione straordinaria delle grandi aziende in crisi. Amministratore e consulente di gruppi multinazionali pubblici e privati è stato, come Commissario Straordinario, autore di case-history nel risanamento di grandi aziende industriali in stato di insolvenza. La sua monografia: “L’amministrazione straordinaria dei grandi gruppi in crisi. Lineamenti giuridici” (Jovene, 2005) è uno dei testi di riferimento in materia: una sentenza della Corte Costituzionale ne ha ripreso il percorso argomentativo pronunciandosi sulle azioni revocatorie intentate da Parmalat in amministrazione straordinaria nei confronti di HSBC e di un pool di banche capitanate dal Monte dei Paschi. È stato consigliere, in tema di società a partecipazione statale, del Ministro del bilancio e della programmazione economica nel Governo Goria. Docente di Diritto dell’Economia alla Sapienza di Roma è uno dei più autorevoli sostenitori dell’intervento dello Stato nell’economia. Presidente del Wfp Italia, succeduto nell’incarico all’ex ambasciatore a Washington Gianni Castellaneta, è, dal gennaio 2021, amministratore delegato di Consap.
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